Stagione 2024

Il santuario è aperto dalle 10 alle 18 ogni sabato e domenica nel mese di maggio e giugno, tutti i giorni da luglio all'8 settembre, e nuovamente al sabato e alla domenica fino al 30 settembre. Clicca qui per scaricare la locandina della stagione.

Presentazione dell'addetto al santuario don Sergio Messina

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I santuari sono luoghi di Dio, luoghi dove tutto ci dovrebbe parlare di Lui che è l’Invisibile evidente, l’Inaccessibile accogliente, il Vivente generatore di vita, il Padre che Gesù ci ha rivelato totalmente e definitivamente. Nei santuari è più facile avvertire la necessità di entrare in relazione con questo Dio in un modo più autentico, più interiore e più profondo. Si dicono tante cose su di Lui. Quanto vorremmo interrogarlo, ascoltarlo, sentirlo vivo.

Intanto ai santuari ci si arriva, normalmente, dopo aver camminato e faticato, dopo aver deciso di arrivare a quella precisa meta, incuriositi dalle indicazioni avute, dai racconti di avvenimenti fuori dell’ordinario là avvenuti in un lontano passato, ma che ancora oggi stimolano la nostra voglia di sapere, di avere risposte ai grandi interrogativi dell’esistenza, di trovare pace e serenità in questo mondo imperfetto.

Noi umani siamo creature in perenne cammino, siamo viandanti alla ricerca di una terra generosa di frutti e di primizie, siamo pellegrini che cercano indicazioni chiare e comprensibili per riuscire ad arrivare, integri e intatti, alla meta tanto agognata. In questo Santuario troverai la storia di un incontro mistico avvenuto nel 1630. Da allora innumerevoli sono le persone che hanno intrapreso la strada un po’ faticosa che ti ha portato qui. Persone come te, fragili come te, incoerenti come te, ma anche pronte, come te, a sentire il richiamo di Colei che continua a invitarci all’unico impegno davvero importante per i cristiani: «Qualsiasi cosa vi dica Gesù, fatela» (Gv 2,5).

fornoaereaPuoi visualizzare il video del Santuario realizzato da Video-fly di Dario Baietto cliccando sul tasto dx del mouse e aprendo il collegamento in una nuova scheda o finestra::

https://www.youtube.com/watch?v=0kPJAtzwDKA

Amarcord - Don Sergio e il santuario di Forno

In queste righe voglio narrarvi il rapporto che è esistito da sempre tra me e il santuario di Forno Alpi Graie. Il fatto che da dieci anni la diocesi di Torino mi ha nominato addetto e responsabile di questo luogo così singolare e incantevole, non è venuto per caso. Credo che non ci sia stato anno che io non sia salito, quasi sempre in compagnia, ai 1330 metri dove esso è stabilmente arroccato. Il santuario di Forno è sempre stato per me un richiamo costante, un luogo da non dimenticare, un posto sacro forse perché fin da ragazzo avevo avuto l’occasione di scoprirlo, di apprezzarne la posizione e di amarlo per la sua essenzialità e bellezza.

Ero seminarista di seconda media quando venni a dare una mano al viceparroco di San Gioacchino, don Nicolino Rocchietti, che aveva affittato una casa per i mesi estivi a Pialpetta. I ragazzi avevano più o meno la mia età, ma io ero un seminarista e quindi, forse, potevo sembrare più affidabile e maturo. Chissà poi se lo ero. In ogni caso ricordo i bagni che facevamo per lavarci e divertirci nell’acqua freddissima della Stura. Una volta ciò è avvenuto anche nelle vicinanze del ponte in legno che permette ai pellegrini di affrontare la salita percorrendo o la strada o la scala, oggi composta da 444 scalini. Com’era fredda quell’acqua. Forse era anche un sistema ideato dal vice parroco per raffreddare i bollenti spiriti della nostra preadolescenza, ma certamente era un modo per tenerci un po’ più puliti e per occupare serenamente e gioiosamente i pomeriggi inondati dal sole.

L’esperienza più bella la feci nel 1962 quando io, insieme ai miei compagni di classe, dal seminario, per un mese, ci stabilimmo a Mottera di Chialamberto nella casa degli Artigianelli di Torino. Avevo 17 anni. Fu un mese entusiasmante, aggettivo che etimologicamente ha, per me, un significato impareggiabile perché significa sentirsi in Dio. Mi sentii a casa, amato da Lui, circondato dalla sua Tenerezza. Al mattino c’era concesso di andare a passeggiare anche in solitudine ed io mi riempii di verde e di sole, di silenzio e di letture. Raggiunsi il Bec di Mea, solare e granitica parete, pur con le scarpe inappropriate e sprofondai in quel meraviglioso anfiteatro. Venni poi a sapere che la visita a questa struttura è molto consigliata, vuoi per l’ambiente, vuoi per la bella scalata. E forse anche un po’ per rivisitare un luogo che, nel suo piccolo, è stato un importante tassello nella storia dell’alpinismo piemontese. Ogni settimana, come gruppo, compievamo una escursione impegnativa. Le mete non mancavano certo: dal Daviso al Bec Ceresin, dal colle della Crocetta alla Bellavarda. Nel tardo pomeriggio in fila indiana tornavamo a Mottera recitando il rosario a voce alta e a passo spedito. Altri tempi. Tutti ormai riconoscevamo da lontano il santuario, lo cercavamo con gli occhi e lo ammiravamo per la sua straordinarietà. E proprio qui l’8 settembre siamo stati invitati ad animare la celebrazione eucaristica, nel giorno festoso in cui si celebrava la Natività della Beata Vergine Maria. Collocati su nella cantoria, con tutto l’entusiasmo dei nostri giovani anni, abbiamo cantato e pregato posizionati nella parte alta della chiesa. Ci sembrava di abbracciare tutte le persone presenti, invitandoli al canto e alla preghiera. Ci sembrava di riempire quella chiesa del nostro forte desiderio di diventare preti. Non avrei mai immaginato che 52 anni dopo, io sarei stato destinato a celebrare quotidianamente su quell’altare che è unico nel suo genere e nella sua straordinarietà.

Nel 1981, ero assistente religioso al Regina Margherita ed avevo anche fondato una piccola comunità che accoglieva minori in difficoltà. Il 1° maggio mi venne l’idea di portarli su per la valle. Ci fermammo a Pialpetta e andai alla ricerca del Parroco che non conoscevo affatto. Mi indicarono la sua abitazione e un po’ titubante salii le scale e mi trovai davanti a don Riccardo che suonava il piano. Chiesi se aveva un luogo dove potevo portare i ragazzi, assicurandogli anche che ero ben contento di mettermi a sua disposizione per le varie celebrazioni religiose che sapevo numerose nei mesi estivi. Lui mi rispose che era disponibile la canonica di Bonzo. E così vissi un altro mese a disposizione della valle, rinnovando, ogni tanto, la salita all’amato santuario. Nel 1993 ritornai alla carica. Avevo nostalgia di questo luogo a me familiare e riandai da don Riccardo che mi propose di stare quindici giorni al santuario, celebrando ogni giorno l’Eucarestia e pronto anche, a confessare gli eventuali pellegrini. La mia comunità si trasferì quindi a 1330 metri e vi portai anche mia madre. Particolare curioso: io non sapevo usare il computer assolutamente, ma decisi di portarmene uno per imparare e… avvenne il miracolo. Pur non essendo esperto di tecnologia, mi misi d’impegno e se oggi so usarlo un po’, è merito del tempo che passai lassù. Tra l’altro una educatrice impegnò il suo tempo libero nel fare l’elenco di tutti gli ex-voto dislocati nei vari ambienti. Un primo inizio di quella conoscenza delle strutture e dei locali in cui mi sarei totalmente immerso trent’anni dopo. Naturalmente conservo ancora alcune fotografie di quei momenti sereni e riempiti di sole dove stavo bene, sentendomi in un luogo familiare, circondato com’ero dalla magnificenza di una natura che mi ha sempre richiamato l’infinita e irraggiungibile maestosità del Padre.

Continuai sempre le visite annuali, per lo più accompagnato da persone a cui avevo magnificato la bellezza del luogo, se ancora non lo conoscevano. Quella strada in salita, finora, non mi è mai pesata e nei mesi estivi mi impegno a percorrerla tutti i giorni a piedi come un piccolo pellegrinaggio che mi sprona a salire per ritrovare me stesso, per conoscermi meglio, per accettare i miei limiti e le mie mancanze, per constatare serena-mente che gli anni passano e che devo esserne sempre più consapevole. Quel quotidiano salire mi pare assomigliare sempre più ad una ascesa verso Qualcuno di cui ho sentito tanto parlare, ma che non ho ancora potuto vedere. Qualcuno che desidero fortemente incontrare per immergermi in Lui per sempre.